Si è chiusa l'altra sera, con il «Don Chisciotte» della compagnia teatrale «Vitha», la tre giorni laertina dedicata alle «persone con disabilità». Una rappresentazione calata in sordina nella Cittadella della Cultura, e poi d'incanto accesa da una messa in scena di grande impatto. Non solo emotivo. Attori «veri» hanno smontato il concetto, fuorviante, di «diversabilità». «Ogni cosa può essere soggetta a diversi punti di vista» ha commentato il regista Antonio Minelli, nel dibattito che ha chiuso la serata. L'angolazione rende multiforme la concezione della realtà, insomma. Meglio: non esiste una realtà «univoca». E i mulini a vento possono diventare dei giganti, le locande dei castelli, i montoni degli eserciti. Non solo. Con la «diversità» che è norma, prende corpo, nel «Don Chisciotte» di Cervantes, come nella vita, anche il «dialogo» che la legittima, esaltandola: «Bacile o elmo? Bacielmo». Che senso ha, dunque, parlare di «diversabilità» se il risultato è quello di omologare la normalità nel tentativo, infelice, di cancellare l'handicap, che esiste? «Lo spettacolo va apprezzato se è significativo come tale e non perché a farlo sono persone disabili» ha detto, ampliando l'orizzonte, Donato Salfi, dirigente psicologo Sisl della Asl Ta/1 e «curatore» del Don Chisciotte. «Il nostro sforzo - ha aggiunto Salfi - è quello di fare in modo che in un mercato che si fa dieci volte più difficile, la compagnia Vitha possa avere il proprio circuito». «Costruire l'inclusione sociale e lavorativa nella città» era stato, nel convegno di apertura, uno dei temi-chiave della «tre giorni». Iniziativa proposta, in una visione integrata e prospettica, dal Comune di Laterza, dal Centro Osmairm e dall'Asl Ta/1. «Quasi una provocazione» ha introdotto il delegato alle Politiche sociali, Francesco Cristella, chiamando in un discorso di sinergie e di opportunità i «diversi» soggetti, istituzionali e del privato sociale, che nel comprensorio fanno riabilitazione e integrazione. Sullo sfondo, la 328 nazionale, la 17 regionale che la rende operativa, e, appunto il «dopo di noi», uno dei degli interrogativi più angoscianti in tema di handicap. Ne hanno parlato, con Donato Salfi, voci «diverse»: Giuseppe Cristella, sindaco; Maria De Meo, assistente sociale; Anna Maria Malizia, coordinatrice Centro diurno; Domenico Lassandro, presidente cooperativa «Adam»; Giusy Ronzino, Riabilitazione Asl Ta/1; Domenico Casciano, dirigente riabilitazione Asl Ta/1; Marco Urago, direttore medico Osmairm. E Don Chisciotte (Francesco Minardi), rivolto a Sancho Panza (Oreste Salvago): «Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile, accettare che sia questa la realtà?».